Pino Daniele, on the road again
Dieci anni fa se ne andava uno dei personaggi più influenti della cultura musicale del nostro strano Paese. In tempi come questi dove tutto fa rumore, solo rumore, senza suoni accettabili, manca disperatamente. Pino Daniele è stato il genio che ha saputo mescolare i generi musicali con la maestria del vero musicista e appoggiarci sopra la ribellione dei suoi anni giovanili. A cantarla era la sua voce unica e struggente, nella sua lingua, il napoletano. Pino ha creduto nel sogno impossibile di unire musica di altissima qualità alla profondità del cantautorato colto senza cedimenti, anzi, parafrasando Tullio De Piscopo, uno dei giganti con cui lavorò, se toglievi i testi, dei grandi testi, restava comunque la base musicale, una grande base musicale. Il documentario Nero a Metà, che è stato nelle sale per tre giorni celebrando l’anniversario della sua morte, racconta il primo Pino Daniele attraverso le testimonianze dei suoi colleghi, compagni di viaggio e amici con delicatezza e puntualità. Dai racconti emerge chiara la sagoma massiccia di un uomo, una gran massa di capelli e una timidezza che non strideva con la sua convinzione di imporre il suo discorso musicale: rivitalizzare la musica popolare raccontando con onestà una Napoli poco Pulcinella e molto Masaniello, dove la tazzulella ‘e cafè di Pino Daniele è quanto di più distante da 'o ccafè che sulo a Napule 'o ssanno fa' di Nino Taranto, è il grido di una città che chiede aiuto, inascoltata.
Sarà che il napoletano con la sua musicalità unica riesce a sposarsi bene con le sonorità mediterranee come con il blues e il soul, ma Pino Daniele ha inventato qualcosa di unico che ha portato le sue canzoni ben oltre i confini della città. Sarà che certi incontri sono come congiunzioni astrali e suonare con Tony Esposito, Tullio De Piscopo e James Senese (il suo Clarence Clemons), solo per citare i più grandi, deve essere stata una specie di alchimia, ma quel concerto nel 1981 a Piazza Plebiscito con oltre 200.000 spettatori credo non abbia avuto eguali in Italia per molto tempo, un concerto che voleva lenire un poco le profonde ferite inflitte dal terremoto dell’Irpinia e che forse almeno per quella sera ci riuscì. Sarà che tutto era pronto settanta anni fa perché nascesse un genio che era destinato a cambiare la musica in Italia (come avrebbe forse scritto Vasari, certo con più proprietà e argomentando meglio), ma oggi abbiamo tra le mani un patrimonio prezioso di musica e parole che per fortuna vivono oltre la sua vita.
E poi il miracolo di poter ascoltare di nuovo la sua voce in un singolo inedito, Again, pubblicato grazie ai figli poche settimane fa, un gioiello di grande grazia. Grazia, si. Credo sia la lezione più preziosa che si possa (e si debba) apprendere oggi nel panorama musicale italiano. Pino Daniele aveva la grazia della timidezza, quanto ci sarebbe bisogno di più grazia e timidezza in questo mondo di arroganze e certezze. Forse l’aria cambierà. Anzi, l’aria s’adda cagnà.